Moltissime, ancora oggi da studiare e da conoscere, sono le vicende relative agli anni della persecuzione antisemita in Italia e della Shoah nel nostro Paese, tante che non bastano interi libri per ricomporre il puzzle di quanto accaduto.

Come insegna la scuola internazionale di studi sulla Shoah dello Yad Vashem di Gerusalemme, gli eventi accaduti non solo durante, ma prima e anche dopo il genocidio sono tali che ogni luogo, anche il più inaspettato, potrebbe essere considerato “un luogo della Shoah”. Ovunque. Anche in una regione come la Sardegna, che non ha conosciuto in modo “diretto” i rastrellamenti e le deportazioni. Gli abitanti di religione ebraica o classificati dalle assurde leggi antiebraiche come “di razza ebraica” hanno subito le leggi razziste del fascismo, subito le deportazioni laddove trasferitisi altrove in Italia in quegli anni, o assistito al genocidio di parenti e amici di altre regioni d’Italia.

Anche i luoghi più inaspettati, potrebbero essere un “memoriale” a cielo aperto di quel triste periodo.

In quanti, per esempio, passando a Cagliari oggi davanti alla scuola “Infanzia lieta” in via Enrico Lai, si ricordano di come anche quella scuola abbia una storia che si ricollega alla Shoah?

La bellissima scuola “Infanzia lieta” di Cagliari ha visto infatti la luce nel 1931, grazie al lavoro di Carolina Ascoli, una insegnante originaria di Trieste, dove era nata nel 1873. Fu questa donna, insieme al sacerdote cattolico Padre Abbo, Gesuita di grande spessore rimasto indimenticato nella nostra città.

Sul sito web dell’istituto Don Bosco, si leggono ben poche informazioni riguardo a Carolina Ascoli: “L’Infanzia Lieta ha avuto inizio intorno all'anno 1930 su iniziativa di un’insegnante ebrea con l’assistenza e l'incoraggiamento di un grande e famoso Gesuita, P. Abbo. In seguito alle restrizioni razziali di quegli anni, l’insegnante ebrea dovette abbandonare la città di Cagliari oltre che l'insegnamento. P. Abbo nel 1938 affidò la guida della scuola ad una giovane ed entusiasta insegnante: Giuseppina Lai. La scuola era situata prima vicino a piazza Carmine e successivamente in via Palabanda ed ospitava 28 allievi. Essendo vicina all’Istituto Salesiano di Cagliari, la scuola poteva contare proprio sulla Casa di don Bosco per manifestazioni ludiche nei cortili dell’oratorio e per gli incontri religiosi nella cappella salesiana…”.

Poche informazioni, poche righe. Uno dei luoghi dai quali partire per raccontare la vita di Carolina Ascoli è certamente l’archivio di stato di Cagliari, con la sua documentazione sugli ebrei in Sardegna negli anni delle leggi antiebraiche del fascismo.

Ecco che, nei faldoni della ricca documentazione, spunta fuori un foglio. Molto sgualcito, un po' strappato. E’ un documento del Municipio di Cagliari che riporta la data del 28 giugno 1939. Il podestà di Cagliari, Prunas, riferisce proprio a proposito di Carolina Ascoli che ha dovuto lasciare l’insegnamento e anche Cagliari, specificando appunto di come ha dovuto “smettere” di compilare la scheda di censimento relativa a Carolina, in quanto risultava già non più residente a Cagliari ma a Milano. Tuttavia, il documento va avanti specificando come la Ascoli abbia fatto ritorno in città nell’ottobre successivo, e si rendeva quindi necessaria una re-iscrizione nei censimenti degli ebrei effettuati nel capoluogo sardo. Tuttavia, prosegue Prunas, il Municipio di Trieste ha fatto presente a quello di Cagliari del fatto che la Ascoli non abbia presentato presso l’ufficio di stato civile del comune di nascita una dichiarazione di “ebraismo” resa obbligatoria dalle leggi, sebbene l’appartenenza alla “razza ebraica” risulti all’atto di nascita effettuato presso la comunità israelitica di Trieste “sotto il vecchio regime” (sic!)

Il documento prosegue poi dichiarando che Carolina in quel momento, il 28 giugno 1939, non si trova né a Cagliari né a Milano, bensì a Catania. E da Catania, la donna sta chiedendo il rinnovo di un passaporto utile per l’espatrio. Il Municipio Catanese chiede a Prunas quale sia la condotta di questa donna, e in base a queste informazioni, decidere se concedere il nulla osta o meno. Il podestà dichiara, al termine del documento, di non essere a conoscenza di alcun problema in merito alla Ascoli, e che la condotta della stessa gli risulta a quel momento del tutto “regolare”.

E’ il solo documento che ci connetta direttamente coi percorsi svolti da Carolina dopo la promulgazione delle leggi antisemite. Evinciamo da esso un trasferimento a Milano e poi, dopo un breve ritorno a Cagliari, forse proprio per lasciare definitivamente la “sua” infanzia lieta, a Catania, da dove si progettava un espatrio. Non sappiamo dove.

Ma la ricerca deve proseguire. E una ricerca storica sulla vita di una persona deve assolutamente prendere in considerazione tutta una ricerca da svolgersi in modo capillare, in ogni città dove questa donna ha vissuto, ma soprattutto, prendere anche in considerazione gli archivi centrali dello stato a Roma.

E qui, proprio qui, nell’Archivio Centrale dello Stato, abbiamo un’altra documentazione che ci porta ancora avanti.

Nel fondo relativo alla Questura di Roma, in relazione ai Commissariati di Pubblica Sicurezza di Porta Pia, Flaminia e Regia Questura di Roma, ecco spuntare un fascicolo relativo a “Ascoli Carolina fu Annibale” nata a Trieste nel 1873, in un periodo compreso tra il 13 ottobre 1941 e il 14 luglio 1943.

Questi documenti hanno a oggetto: la vigilanza nei confronti di questa persona, la di lei madre Ida Levi, del marito defunto Arnaldo Grinfeld e della affittacamere Laura Gentileschi, che affitta l’abitazione dove si trovano Carolina e sua madre.

Carolina, quindi, non è mai poi riuscita a espatriare nonostante un parere favorevole all’ottenimento di un documento atto a tale azione perfino dal podestà di Cagliari. E ha vissuto a Roma tutta la gran parte del periodo successivo.

Dopo quel 14 luglio 1943, nuovamente il silenzio. La ricerca, per ora, si interrompe qui. Né Carolina né sua madre, comunque, figurano nell’elenco degli ebrei deportati dall’Italia tra il 1943 e il 1945 redatto con precisione dalla Fondazione Centro di Documentazione Ebraico Contemporaneo (Cdec) di Milano e in particolare dalla storica Liliana Picciotto.

E’ una vicenda la cui storia ancora deve essere completata, e la cui ricerca, che contemplerà anche la consultazione e lo studio della documentazione negli archivi comunali di Catania e di Roma, oltre che una ricerca di testimoni o parenti di testimoni ancora in vita, andrà avanti. Per ricomporre un puzzle importante, sulla vita della fondatrice di una delle più importanti scuole del capoluogo della Sardegna. Il prossimo passo sarà Vienna, la capitale austriaca. Perché è proprio qui, che, sopravvissuto alla Shoah e morto nel 1983 il 24 ottobre, viveva il figliastro di Carolina, figlio del di lei marito, avuto dal precedente matrimonio di quest’ultimo.

Alessandro Matta
© Riproduzione riservata