Ospite della manifestazione CalcioCity Milano organizzata da Comune lombardo e dalla Triennale, l'economista Carlo Cottarelli, di fede nerazzurra, ha "giocato" ironicamente con le sfaccettature del termine "rigore" passando dai rettangoli di gioco al quadro dell'economia italiana.

Quello che nello sport più amato dagli italiani è il tiro fondamentale del match, sul piano più generale dell'amministrazione pubblica di un Paese diventa una linea guida, la direzione cui tendere, spesso difficile per i sacrifici che si porta dietro. Ma inevitabile. Almeno secondo Carlo Cottarelli, soprannominato "Mr Spending review" mentre ricopriva la posizione di Commissario straordinario della Revisione della spesa pubblica nel 2013, su incarico dell'allora Premier Enrico Letta.

Il parallelismo tra rigore calcistico e dei conti pubblici è ironico ma non troppo, perché come un tiro dal dischetto può cambiare gli equilibri di una partita, così un bilancio in regola può risollevare le sorti un Paese, o perlomeno la sua salute economica. E nel caso dell'Italia contribuire a correggere quello che per gli osservatori interni e stranieri è il nostro vero tallone d'Achille: il deficit.

L'illustrazione di Osvaldo Casanova per Milano CalcioCity. (Courtesy Triennale)
L'illustrazione di Osvaldo Casanova per Milano CalcioCity. (Courtesy Triennale)
L'illustrazione di Osvaldo Casanova per Milano CalcioCity. (Courtesy Triennale)

Così, dialogando di calcio e dintorni con il giornalista Marco Bellinazzo de Il Sole 24Ore, l'uomo che nel caos post elettorale dello scorso maggio è stato Premier in pectore per un giorno, commenta il match ancora in corso nei corridoi della politica per l'approvazione della manovra di Bilancio, che più che un calcio di rigore - contro il club dei tecnocrati di Bruxelles? - rischia di diventare un autogol della nostra squadra di Governo al Paese. Cottarelli non si spinge in pronostici, perché i tempi dei mercati sono ben più lunghi dei 90 minuti di una partita, ma è sicuro che in nessun Paese dove si sia tentato di riportare brio all’economia togliendo le briglie al “rigore” si siano verificate sonore vittorie.

Carlo Cottarelli con il giornalista Marco Bellinazzo durante l’incontro di CalcioCity
Carlo Cottarelli con il giornalista Marco Bellinazzo durante l’incontro di CalcioCity
Carlo Cottarelli con il giornalista Marco Bellinazzo durante l’incontro di CalcioCity

IL RIGORISTA CREMONESE DAL CUORE NERAZZURRO - Classe '54, studi di economia a Siena seguiti da un master alla prestigiosa London School of Economics, al pari di un fuoriclasse del pallone Carlo Cottarelli esordisce nella serie A della finanza a 27 anni, con un incarico al Servizio Studi della Banca d'Italia, seguito da una parentesi all'Eni e nel 1988 la "fascia di capitano" agli Affari Fiscali del Fondo Monetario Internazionale a Washington. Puntiglioso per indole, severo sui numeri ma dotato di una buona dose di ironia, quando nel 2013 si è trovato a guidare la Commissione della Spending review, Cottarelli è stato implacabile come il “nemico” rossonero Gianni Rivera al tiro dagli 11 metri.

Peccato che i "suoi" rigori gli siano valsi il soprannome di Mister Forbici, per via di un programma di tagli ai conti pubblici pari a 7 miliardi di risparmio: nel mirino sono finite consulenze pubbliche, auto blu, stipendi dei dirigenti della pubblica amministrazione, enti e province, spese settoriali e trasferimenti alle imprese, stretta sulle pensioni, ma soprattutto gli esuberi nel pubblico impiego (85mila dipendenti) con il relativo blocco totale del turnover.

I CAMPIONI - A CalcioCity si stanno ricordando le prodezze di un grande campione di nome Zlatan Ibrahimovic e Carlo Cottarelli viene invitato a trovare un analogo “fuoriclasse” in campo politico: “In politica come nel calcio ci sono le figure geniali e quelle che giocano da mediano - le mie preferite - ma di certo è più pericoloso avere un genio pazzo che ‘gioca’ a Montecitorio che sul rettangolo verde. C’è poi da dire che se questa domanda l’avessero fatta quattro anni fa tutti avremmo risposto Matteo Renzi, mentre oggi magari si direbbe Matteo Salvini. Una prova del fatto che le situazioni possono cambiare repentinamente. In politica come nel calcio”.

Carlo Cottarelli presenta il libro "I sette peccati capitali dell'economia italiana". (Foto Ansa)
Carlo Cottarelli presenta il libro "I sette peccati capitali dell'economia italiana". (Foto Ansa)
Carlo Cottarelli presenta il libro "I sette peccati capitali dell'economia italiana". (Foto Ansa)

IL MATCH EUROPEO E IL DEF 2019 - L’incontro di oggi per Carlo Cottarelli è l'occasione per analizzare la stretta attualità e commentare il Documento di Economia e Finanza in corso d'approvazione, dopo aver bocciato nei mesi scorsi le proposte della coalizione giallo-verde e messo in guardia dai rischi che queste comporterebbero per il malaticcio bilancio italiano: rialzo dello spread (con una spesa di interessi sul debito per il 2019 pari a 5 miliardi), mancanza di coperture e soprattutto conseguenze dello sforamento del 3% di deficit. Insomma, secondo il rigorista Carlo Cottarelli, più che la moneta unica, i veri avversari della squadra Italia dovrebbero essere quei “sette peccati capitali dell'economia italiana" da lui descritti in un recente libro: ovvero debito pubblico, burocrazia mastodontica dello Stato, corruzione, divario Nord Sud, evasione fiscale, curva demografica, lentezza della giustizia e antieuropeismo.

E proprio sul tema Euro, Cottarelli risponde con una battuta a quanti spingono per l’uscita italiana dalla moneta unica: “È come dire che siccome non riusciamo a vincere in serie A, allora è meglio giocare in serie B”. Questione di coraggio e di tifo, per il proprio Paese come per la squadra del cuore, nonostante una lunga scia di brucianti sconfitte o di tiepidi pareggi: “Ci sono momenti in cui un Paese si perde la fiducia, dopo decenni senza crescita, con un reddito pro capite fermo a 20 anni fa, lo spirito dell’economia italiana non è propriamente forte. È allora che bisogna rilanciare e ripartire, e per farlo proprio dal calcio ci viene un insegnamento fondamentale: in una squadra vincente non si litiga”.

Barbara Miccolupi

(Unioneonline)

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