La settimana di eventi milanesi dedicati al mondo del pallone e dintorni si è chiusa con l'intervista di Paolo Condò al presidente del Torino Urbano Cairo e con un "derby" speciale intitolato "Filosofia del pallone, tra tecnica ed estetica" tra il cuore rossonero di Massimo Cacciari e quello nerazzurro di Giulio Giorello, moderati dall'ex milanista Demetrio Albertini, dall’allenatore Davide Nicola e dall'ex portiere nerazzurro Francesco Toldo.

Visioni diversissime del mondo del pallone, da quella "imprenditoriale" di Cairo che descrive la parabola del Toro, preso su spinta dell'allora sindaco Chiamparino per "esser amato dai tifosi", a quella tecnica dei due campioni del passato e dell'allenatore ex Livorno, Bari e Crotone, passando per quella più insolita e romantica dei due outsider filosofi Cacciari e Giorello.

Tutti accomunati dalla passione per questo sport e dal tifo fedele per la propria squadra, con un rimpianto per il calcio del passato, quello dei grandi club e dei campioni leggendari, ma soprattutto quello ancora non intaccato dai meccanismi finanziari, dagli ingaggi milionari e dall'imperativo dei risultati.

L'illustrazione di Osvaldo Casanova per CalcioCity. (Courtesy Triennale di Milano)
L'illustrazione di Osvaldo Casanova per CalcioCity. (Courtesy Triennale di Milano)
L'illustrazione di Osvaldo Casanova per CalcioCity. (Courtesy Triennale di Milano)

IL DIVERTIMENTO PRIMA DI TUTTO - Un po' come dire che nel tempo si è persa quella dimensione fondamentale di calcio come gioco e puro divertimento, per chi lo pratica e per i tifosi che lo ammirano dagli spalti, come spiega Davide Nicola: "Lo sport spesso si riduce al puro risultato, ma non è indispensabile vincere o dare una prova eccelsa per far divertire la gente. Abbiamo una storia calcistica davvero gloriosa, fatta di grandi allenatori capaci di rapire l'emozione del pubblico e personalmente cerco sempre di far immedesimare i tifosi in quello che vedono, mentre spesso nel panorama italiano si tende a sacrificare questa dimensione. Il paragone è con il calcio spagnolo, tutto concentrato sull'attacco e sulla costruzione del gioco, e quindi più 'spettacolare'".

È d'accordo Massimo Cacciari, che definisce "ingessato" il nostro mondo del pallone, succube della figura arbitrale, in nessuno sport determinante come nel calcio, e rimpiange i giocatori che impostano il gioco e tengono in piedi la squadra, l'importanza del gesto tecnico rispetto alla pura forza atletica: "Sarà un limite mio, ma oggi mi sembra che conti più la forza fisica della bravura tecnica, ed è la ragione per cui l'Italia risulta spesso sconfitta, vedi il match contro la Svezia decisivo per i Mondiali, in cui i giocatori italiani si 'infrangevano' contro gli avversari".

Massimo cacciari. (Ansa)
Massimo cacciari. (Ansa)
Massimo cacciari. (Ansa)

L'ALLENATORE FILOSOFO - Quanto al nesso tra filosofia e calcio Cacciari non ha dubbi: "L'allenatore è in un certo senso filosofo, perché in base agli uomini che si ritrova deve essere anche bravo psicologicamente a gestirli al meglio. Deve avere un metodo e anche questa è filosofia, perché senza regole vai soltanto a sbattere, che sia quello di puntare su elementi tecnici, sulle singole individualità o su una rigorosa difesa, che poi è il miglior attacco. Ma nessun allenatore parte da un metodo in astratto: Sacchi è partito da un metodo, ma cosa se ne faceva se non si trovava in squadra uno come Van Basten".

L'ex calciatore rossonero Demetrio Albertini. (Courtesy Triennale di Milano)
L'ex calciatore rossonero Demetrio Albertini. (Courtesy Triennale di Milano)
L'ex calciatore rossonero Demetrio Albertini. (Courtesy Triennale di Milano)

Immediata la replica di Demetrio Albertini, uno dei protagonisti di quella stagione gloriosa rossonera, e difende l’allenatore dei record Arrigo Sacchi: "Il gruppo di giocatori olandesi ha aggiunto al Milan di quegli anni l'ingrediente dell'eccezionalità, ma per me Sacchi rientra in quella schiera di allenatori che insegnano e cambiano il mondo del calcio".

L'IMPREVEDIBILITÀ DEL CALCIO - Per Giulio Giorello, cuore nerazzurro, a rendere unico il calcio è soprattutto l'imprevedibilità, quella casualità che rende lo spettacolo della partita interessante fino alla fine: "La palla è come il cilindro con all'interno un coniglio, il fattore che rende imprevedibile il risultato: se schieriamo due squadre speculari, in cui ogni giocatore ha un sosia tra gli avversari, la cosa più probabile è che finisca con un pareggio... E invece no, perché un particolare, un dettaglio può sconvolgere tutto il match, fosse pure la componente emotiva che entra in campo".

Lo sa bene Francesco Toldo, portiere dell'Inter targata Moratti, che sottolinea l'importanza del fattore umano e ricorda i suoi esordi sui campetti di periferia e degli oratori, la spensieratezza di quel tipo di gioco e poi, qualche anno dopo, la pressione provata sul terreno simbolo di San Siro, ma anche quella che vede sui campi dei settori giovanili, dove genitori e società spingono sempre più per far diventare campioni a tutti i costi ragazzi che dovrebbero prima di tutto divertirsi.

Francesco Toldo durante gli Europei dei 2000. (Ansa)
Francesco Toldo durante gli Europei dei 2000. (Ansa)
Francesco Toldo durante gli Europei dei 2000. (Ansa)

LE REGOLE DEL CAMPIONE - "Da calciatori si può non rimanere vittima del successo - gli fa eco Demetrio Albertini - e mantenere dentro quell'idea di calcio che si aveva da bambino. Inizi a 15 anni e ti ritrovi a fare la professione che sognavi da bambino, senza essere maturo per farlo. Personalmente mi sono salvato mettendo in equilibrio due fattori: la competizione e la soddisfazione. Credo in entrambe: la prima serve a prepararsi durante gli allenamenti e arrivare pronti per il confronto in partita; la seconda sta tutta nel miglioramento continuo, quello che ti deve far essere umile in allenamento e presuntuoso in partita, impari e quello che sai deve bastare per vincere. Io l'ho sempre avuta, anche quando giocavo da bambino all'oratorio, anche senza alzare le coppe, e questo mi è servito quando con il tempo sono passato dall'essere osannato come stella alle critiche più dure".

Barbara Miccolupi

(Unioneonline)

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