«Cara Unione,

capire il pensiero economico di Joseph Ratzinger, Benedetto XVI, in quei decisivi e travagliati anni in cui si trovò a governare la “barca di Pietro”, ci porta ad “entrare nel cuore” del pontefice che, con più fondamenti teologici, ha cercato di portare la critica della Chiesa agli eccessi della modernità.

Teologia riservata e schiva la sua, ma tale da andare alla sostanza dell'azione di Dio nella storia. Andando oltre il gesto epocale delle dimissioni del 2013, stiamo scrivendo e parlando di un Papa ed uomo connotato da un acume critico ed intellettuale proprio di pochi nell’Europa contemporanea. Questa propensione gli ha permesso di dedicarsi, "anima e corpo", all'attenzione alla persona nella sua totalità. Includendo come totalità anche la dimensione storica, politica, sociale ed economica.

Tutti aspetti che già emergevano, si badi bene, nei precedenti scritti sociali del predecessore San Giovanni Paolo II, la cui lettura risente dell'enorme e profondo influsso dell'allora attento e fidato collaboratore tedesco del Pontefice polacco. Il primo dato che occorre evidenziare è quello che rileva come Ratzinger si sia trovato, con spirito pungente e graffiante, a parlare di “umanità” in un mondo “che cerca di vivere senza Cristo”.

In secondo luogo è stato colui che, meglio, ha saputo incarnare la lotta e l'impegno della Chiesa cattolica per il “nuovo umanesimo” contro un nuovo modernismo e le sue conseguenze materiali. In base alla sua convinta e giusta posizione sul dialogo fra fede e ragione, Benedetto XVI ha indicato l'uomo come “fine ultimo” di questo percorso. In questo modo il suo decisivo contributo ha arricchito la dottrina sociale della Chiesa in campo economico con una maggiore attenzione alla tutela della centralità umana nel processo produttivo, con il rifiuto dell'accumulazione di capitale a spese dei diritti e con un’attenzione decisa alle logiche della carità, della gratuità e del dono rispetto a quelle dominanti dell'economia globalizzata. Centro e culmine di questo maturato “percorso” sociale del Papa teologo è l'enciclica “Caritas in Veritate” del 2007. Benedetto vi era arrivato, però, occorre precisare, dopo la prima enciclica sulla carità e la seconda sulla speranza. Da buon teologo, ci si sarebbe dovuti aspettare dal Papa una terza sulla fede.

E, per molti versi, in fondo, così è stato. La “Caritas in Veritate”, per essere capita, va riletta, anzitutto, sotto l’ottica di un’antropologia che crede la persona umana fatta ad immagine di un Dio comune, Uno e Trino, che può raccogliere l’invito alla gratuità anche in questo mondo ed in questa disastrato ed egoistico sistema economico.

Sono, principalmente, tre le novità apportate dal fondamentale documento ratzingheriano: la centralità della persona, la ricerca di un legame fra gratuità e mercato e, soprattutto, il concetto di fraternità. È quest’ultima parola, in sostanza, il “vero motore” del testo. Benedetto XVI, infatti, dopo aver affrontato ed esaminato i problemi mondiali legati allo sviluppo, alle disuguaglianze ed alle molteplici crisi connesse all’economia ed alla finanza, aveva invitato a porre la fraternità a paradigma e faro nelle scelte personali e collettive, aziendali ed istituzionali. E lo aveva fatto partendo dall’inizio, ossia dalla scelta del titolo. "Caritas in Veritate" solo, apparentemente, singolare per una tematica di natura prettamente sociale.

Questi due termini, infatti, avevano costituito la base di tutta la relazione: “La carità nella verità –scriveva il Papa emerito – è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell’intera umanità, ma è anche una grande sfida per la Chiesa in un mondo in progressiva globalizzazione”.

La Terra soffre “per mancanza di pensiero” e chiede, chiaramente,“una nuova riflessione sul senso dell’economia e dei suoi fini”. Richiamo, questo, rivolto, coraggiosamente, a tutti: credenti e non. Sarebbe occorso, quindi, secondo Ratzinger, allontanare il diffuso senso d’impotenza e di fatalismo che impedivano (ed impediscono) lo sviluppo integrale di tutto l’uomo e di tutti gli uomini. Era questo, sostanzialmente, il richiamo del mercato alla sua vocazione d’incontro tra persone libere ed uguali, con una critica radicale al capitalismo(termine mai usato in tutto il documento). Ed è questo anche il sagace ed appropriato giudizio con cui un grande ed autorevole storico economico come Giulio Sapelli ha accompagnato l'enciclica sociale ratzingheriana: “La Caritas in Veritate indica che ci può essere una formazione economico-sociale oltre al capitalismo”».

Gianraimondo Farina

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