“Cara Unione,

scrivo per raccontare l'incubo che io e la mia famiglia stiamo vivendo, non solo perché siamo bloccati in casa ma soprattutto perché mi preoccupa la gestione dei casi di positività di questa pandemia.

Mercoledì 22 dicembre mio marito non sta bene, fa un tampone rapido, risultato positivo. Cerco di contattare l'ats, ma nulla.

Dopo una serie di tentativi mi rispondono al numero verde e mi dicono di presentarmi alle 14, mio marito, io e i miei bimbi, per un tampone. Risultati del tampone: mio marito positivo, io e i bimbi negativi.

Da quel momento silenzio tombale: è dal 23 che cerco di contattare qualcuno mattina sera e notte, ma senza riuscirci. 

Nessuno ha contattato né noi né tanto meno mio marito positivo: non sappiamo come comportarci, siamo da 7 giorni rinchiusi in casa con due bambini piccoli che chiaramente stanno risentendo e non poco di questa quarantena.

Credo non si possa lasciare un positivo in balia di se stesso, la nostra coscienza ci ha portato a rispettare norme e quarantena...ma chi una coscienza non ce l'ha cosa combina? Esce e continua a contagiare?.

Grazie”.

Marta

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