“Cara Unione,

ieri e dopo quasi tre mesi dalla data della sua morte, avvenuta il 19 luglio 2022, il mio caro nonno ha ricevuto sepoltura al cimitero di Quartu Sant’Elena.

Mi sarebbe piaciuto poter affiancare l’aggettivo ‘degna’ alla parola ‘sepoltura’, ma purtroppo in quello che i miei occhi hanno visto oggi non c’è neanche un briciolo di dignità.

Scrivo questa lettera per raccontare ciò che succede nella nostra città, affinché tutti sappiano il trattamento che viene riservato alle salme dei nostri cari defunti. Perché questa situazione non coinvolge soltanto mio nonno e la mia famiglia, ma decine di famiglie costrette ad assistere ad uno spettacolo così pietoso.

Ieri mattina, dalle ore 8:45 circa, di fronte al cimitero di Quartu c’erano decine di persone, accomunate da uno sguardo pieno di angoscia e di attesa straziante, lo sguardo di chi aspetta da mesi di dare una sepoltura al proprio caro, e di sapere che finalmente riposa in pace.

Per mesi queste salme sono state tenute in una stanza, ammassate come se fossero degli oggetti dimenticati, perché per loro non c’erano loculi a disposizione, per loro ‘riposare in pace’ sembrava un concetto astratto e lontano nel tempo.

Una volta entrati nel cimitero, superata una grande tenda sistemata probabilmente per nascondere il degrado retrostante, siamo passati accanto alle bare dei nostri cari, affiancate l’una all’altra sotto la pioggia battente.

Ci hanno guidati verso una zona del cimitero da cui avremmo potuto vedere la sepoltura.

Non ci siamo nemmeno potuti avvicinare ai loculi, che erano posti in alto su una rampa che per ‘questioni di sicurezza’ poteva essere raggiunta solo dagli operatori autorizzati. Abbiamo quindi assistito da lontano ad uno spettacolo privo di umanità, uno spettacolo grigio e cupo come il cielo di oggi.

Gli addetti ai lavori hanno sistemato la bara nel loculo che è stato coperto da un blocco di cemento, sul quale è stato poi apposto un foglio di carta plastificato, con scritti i dati anagrafici della salma.

Tre mesi di attesa per vedere da lontano un blocco di cemento con un foglietto attaccato sopra.

‘Abbiamo finito, la famiglia può uscire’. Esce una famiglia, entra la successiva, pronta ad assistere allo stesso spettacolo, nel loculo adiacente, con un altro foglietto.

Stesso sguardo, stessa amarezza, stesso dispiacere per il proprio caro trattato senza dignità e senza umanità.

Ormai, purtroppo, le cose sono andate in questo modo per mio nonno e per decine di defunti quartesi. I fatti già avvenuti non si possono cambiare, gli errori commessi dai responsabili di questo scempio rimarranno tali, ma vorrei che questo mio racconto servisse a scuotere le coscienze di chi ha poteri decisionali in merito, affinché questo macabro spettacolo non si verifichi più, per nessun defunto e per nessuna famiglia.

Ricordiamoci che dentro quelle bare in legno ci sono uomini e donne che hanno il diritto, anche dopo la morte, di ricevere un trattamento umano e dignitoso.

Non sono oggetti, non sono rifiuti, ma sono e rimarranno sempre persone, che non possono e non devono pagare per le mancanze e le inadempienze di terzi.

Ciao nonno, che la tua storia e quella di tanti altri possa essere d’insegnamento affinché un tale strazio non si verifichi più”.

Francesca P. – Quartu Sant’Elena

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