«Cara Unione,
qualche giorno fa ho assistito a Cagliari a uno spiacevolissimo episodio che mi ha portato, da studentessa, a riflettere molto.
Mi trovavo sul CTM linea 1, quando in via Mameli sale sul bus una classe di bambini, avranno avuto tra gli 11 e i 12 anni, accompagnati dalle due rispettive maestre.
Immediatamente, appena il pullman riprende la corsa, uno dei bambini si accorge di aver dimenticato lo zainetto, con dentro un iPad, sulla panchina della fermata del bus.
Il ragazzino, comprensibilmente, si dispera e scoppia in lacrime, ma anziché trovare l’appoggio e il conforto delle insegnanti viene aggredito verbalmente davanti a tutti i compagni e gli altri passeggeri. Il bambino implorava le maestre di accompagnarlo a riprenderlo, considerato il valore dell’oggetto e – senza dubbio – i sacrifici dei genitori dietro quell’acquisto.
Nonostante ciò le maestre hanno continuato a inveire contro di lui, con frasi del tipo “arrangiati”, “sono affari tuoi”, “la prossima volta non verrai mai più in gita, resterai da solo in classe”.
La situazione si risolve soltanto grazie a una ragazza che gentilmente ha consolato il bambino, chiamando il bar di fronte alla fermata del bus (ci tengo a precisare che la ragazza aveva inizialmente suggerito alle maestre di effettuare la telefonata, ma queste si sono rifiutate).
Fortunatamente lo zaino viene ritrovato e messo in salvo dai collaboratori del bar.
Chiaramente non metto in dubbio che le due maestre avessero la responsabilità di un’intera classe, tuttavia non si può negare che anche il bambino faccia parte di essa, e in quanto tale debba trovare due figure che lo guidino alla responsabilizzazione e all’affrontare in maniera sana determinate situazioni, sicuramente non coprendolo di urla.
Questo episodio mi ha portato a pensare, soprattutto al giorno d’oggi in cui sono sempre di più gli studenti che finiscono col togliersi la vita a causa delle pressioni del sistema scolastico, a trovarsi presi di mira o aggrediti verbalmente in un ambiente che per loro dovrebbe essere sicuro quasi come una seconda casa.
Quindi, Cara Unione, mi sono chiesta: ma se i bambini, già da questa giovane età, trovano delle figure che anziché insegnare la calma e il rispetto reciproco, insegnano la rabbia e il menefreghismo… come proseguiranno il rapporto con il sistema scolastico? E se anche i sacrifici e gli investimenti dei genitori nell’educazione per il futuro dei figli vengono abbandonati su una panchina, chi li spronerà a investire ancora nel loro futuro?
E se l’epilogo fosse stato diverso? Per il menefreghismo e collera di un’insegnante che si è rifiutata di fare una telefonata, che delusione avrebbe portato a casa un bambino di soli 11 anni?
Forse, allora, dovremmo capire che se il sistema scolastico in Italia dà risultati più che deludenti, il problema sarebbe da ricercare nel sistema stesso e nelle figure che lo Stato mette a guidare questi giovani ragazzi.
Cordialmente».
Sofia Pilleri – Cagliari

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