“Cara Unione,

accendo il computer, e inaspettatamente mi trovo l’immagine di una fossa comune in Ucraina; tanti corpi ammassati e in alto, supino, un corpo snello, con uno zaino colorato sulle spalle. Si intravede la testa, sembra un ragazzo, un grido arriva a me: giocavo al computer con i miei amici, dovevo festeggiare i miei vent'anni ed ora sono qui, perchè?

Mi tornano alla mente scene di guerra. Ero una bambina e mi trovavo a Genova bombardata dagli inglesi: si viveva con l'ululato delle sirene, le corse notturne nei rifugi, i sacchi ripieni a protezione delle case, le maschere antigas. Da Genova semidistrutta mio padre trasportò la famiglia in Sicilia, i tedeschi erano in ritirata e noi eravamo diventati i nemici ma, come sempre, crudeltà e umanità si intrecciavano: ricordo quelli che spararono al paracadutista lanciatosi da un piccolo aereo inglese in ricognizione da loro colpito, ma anche quelli che si scusarono con mio padre di dover requisire del materiale  in suo possesso, un manipolo di  quattro militari col comandante che parlava in inglese e gli raccontava di essere un ingegnere di Berlino ed era commosso perchè gli ricordavo la sua bambina.

Mi chiedo quanto tempo dovrà ancora passare perchè gli uomini riescano a imparare che bisogna tendere ad un bene comune e se mai valori di fraternità universale e di pace riusciranno a imporsi e salvare l'Umanità da questi orrori”.

Maria Pia Grasso – Quartu 

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