“Cara Unione,
scrivo questa lettera di sfogo, amareggiata e frustrata dalla mia esperienza di rimpatrio.

Dopo diversi anni all'estero, un po' spinta dalla nostalgia e un po' invogliata dal mio immenso amore per questa Terra, la Sardegna, che orgogliosamente chiamo casa, ho preso la decisione a settembre 2021 di trasferirmi nel mio paese di origine insieme al mio compagno olandese.

Da subito sapevo che sarei andata incontro a molte difficoltà, ma la realtà spesso supera la fantasia. Subito ci siamo ritrovati ingarbugliati nella tanto conosciuta burocrazia italiana, supportata dall'incompetenza di molti addetti degli uffici pubblici.  Mi chiedo se sia accettabile che in un ufficio pubblico di servizi al cittadino ‘per stranieri’ nessuno sia in grado di parlare mezza parola d'inglese, o se sia normale che mi venga fatto fare un pagamento per errore e nessuno dell'ufficio competente provinciale o regionale sappia dove e a chi chiedere il rimborso, o se per l'iscrizione al sistema sanitario nazionale per uno straniero mi venga detto dall'addetto al servizio che devo pagare un commercialista per sbrigare la pratica.

A causa della pandemia ora tutte le pratiche devono essere sbrigate online o per telefono, peccato che non risponda mai nessuno.

Siamo veramente delusi, perché questo è solo un piccolo esempio dei tanti problemi che abbiamo riscontrato, e sinceramente ogni giorno ci chiediamo se questa Terra veramente sta facendo il possibile per accogliere i giovani volenterosi, gli investitori o semplicemente evitare lo spopolamento di cui tanto si parla nei vostri articoli.

Ci riempiamo tanto la bocca di belle parole come progresso, sviluppo tecnologico, digitalizzazione, poi però dietro la scrivania ci sono i ‘dinosauri’ che non sono neanche in grado di rispondere alle e-mail, telefoni a detta loro rotti, computer troppo lenti o vecchi. 

La burocrazia è sicuramente un problema non solo dal punto di vista delle pratiche cartacee e dei permessi, ma soprattutto di inefficienza e poca chiarezza delle informazioni. Nessuno sa mai con esattezza cosa bisogna fare, quando o come, scaricando il barile ad un altro ufficio e innescando un loop infinito.

Mi dispiace dover ammettere che ogni volta che torno in Sardegna con un barlume di speranza, questo venga subito spazzato via dalla delusione. 

Ancora una volta sarò costretta a fare le valigie, consapevole che questo non è un Paese per giovani".

Veronica Cadoni

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