La lettera del giorno: "Ognuno dice la sua: dove sta la verità?"
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Pubblichiamo oggi la lettera del nostro affezionato lettore che fa (e suggerisce) una riflessione sulle differenti percezioni individuali in relazione a un medesimo tema.
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"Gentile Redazione,
reputo istruttiva questa rubrica, 'La lettera del giorno', da tempo ospitata nell'edizione online dell'Unione Sarda. Offre lo spunto per inoltrarsi nelle differenti psicologie dell'italiano medio, cui noi tutti apparteniamo, e nel comportamento intellettivo che si manifesta nel giudicare una notizia. Si parte da un punto preciso: voi in Redazione, all'atto della ricezione di una lettera, non potete verificare quanto sia veritiera la tesi propinata dallo/a scrivente.
Confidate, suppongo, sulla professionalità di chi la trasmette.
Si profila l'annosa e irrisolta domanda: quanto affermato nelle lettere corrisponde alla 'verità'? Come corollario: una 'verità' esiste sempre o è sfuggente, indecifrabile o addirittura impossibile da determinare?
Vorrei prendere in esame il botta e risposta avvenuto pochi giorni fa tra Paolo Xella (che si lamenta contro l'amministrazione comunale perché impedito di svolgere una ricerca archeologica a Sant'Antioco), e la replica a stretto giro di posta del sindaco del centro suindicato Ignazio Locci, che reagisce indispettito accusando l'interlocutore di scrivere falsità, oltre alla non conoscenza delle delibere emanate dal comune stesso nella materia oggetto della disputa.
Chi dei due ha ragione? Qual è la verità? Io per esempio non la conosco.
Cominciano adesso ad evidenziarsi alcune tipiche caratterizzazioni italiane, che la dicono lunga sulla mentalità che ci portiamo addosso.
Posso solo affermare, a titolo romantico, il ricordo dei primi giovanili anni d'insegnamento, quando facevo la spola giornaliera in bus fra Cagliari e Sant'Antioco, sede dell'IPSIA.
Risulta sintomatico un fatto incontrovertibile, puntualmente avvenuto: i commentatori intervenuti prima della replica del sindaco, hanno preso per 'verità assoluta' quanto descritto da Paolo Xella, lanciando le ormai classiche accuse contro la politica in generale. Si sono dati da fare tali interventisti per verificare quanto fosse veritiera la tesi proposta nella lettera? Assolutamente NO. Come dire: uno può dichiarare che uno più uno faccia tre, e ricevere scroscianti applausi di condivisione.
Dall'altra parte, siamo sicuri che quanto replicato dal sindaco Ignazio Locci costituisca 'la verità' e non un arrampicarsi sugli specchi dopo essere stato colto con la classica marmellata sulle mani?
Il bello è proprio questo: in generale e assai spesso tutto è sfumato, incerto, simile al paesaggio con una coltre nebbiosa. A noi tutti, ammettiamolo una volta per tutte, fa comodo la 'verità' ipotetica che scaturisce dalla nostra mentalità e trasferibile all'ideologia che ci sovrasta.
Gli esempi sono molteplici e riferendoci al nefasto 'Ventennio' gli italiani disponevano di un'unica verità che nessuno poteva contraddire: quella del duce che accusava di tutti i mali del mondo le demoplutocrazie occidentali. Quando fece il famoso discorso del 1937 a Trieste ponendo le radici sulla questione razziale poco dopo realizzata, tutti aderirono, perché costituiva la 'verità'.
Adesso in democrazia cambiano gli stili, ma risulta sintomatica una delle nostre più vistose contraddizioni, che pochi ammettono: proviamo a verificare le reazioni popolari allorché la Magistratura accusa i politici di determinati reati. Se l'incriminato è della parte avversa, i magistrati vengono esaltati; se della propria parte, scontate accuse agli stessi. Perché siamo così, e si badi bene sia un problema tipicamente italiano? Per un motivo già espresso in precedenza: la contrapposizione politica nel nostro Paese è una vera e propria malattia sociale.
Oppure dobbiamo dare ragione al funambolico e straordinario Jacques Tati, il quale sosteneva che la 'verità' più raccomandabile e concreta sia quella sacrosanta della mattina e completamente rovesciata giunti alla sera?
In fondo, con la democrazia abbiamo conquistato una 'verità bifronte'.
Può aiutarci la storia del Cinema. Ritengo che la pellicola migliore di tutti i tempi, che non potrà mai essere superata perché di Stanley Kubrick ne esisterà solo uno, sia il mitico '2001: Odissea nello spazio'. Il motivo fondante è proprio la diversità di interpretazione che tale splendore suscita da mezzo secolo. Ognuno dice la sua, e tutte devono essere accettate.
Conseguentemente, fra mille anni le persone staranno ancora a chiedersi se Dio esista o meno, e nessuno avrà dimostrato la 'verità' supposta. E sarà la nostra grande fortuna: nel momento in cui fosse dimostrabile scientificamente o visivamente una delle due tesi, il mondo così come è concepito oggi sparirebbe".
Mario Sconamila - Finlandia
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LA LETTERA DEL RICERCATORE DI SANT'ANTIOCO
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