"Cara Unione,

‘Sei bravo, hai un tiro secco e preciso, fai passaggi millimetrici, hai tecnica e stai bene in campo, ma io non cerco questo, voglio altro’. Questo mi sono sentito dire dal mio allenatore, la persona che mi ha fatto perdere interesse per il calcio, la mia passione da quando avevo 4 anni fino ad adesso che ne ho 13 e mezzo.

Chissà cosa vorrà mai? Aggressività nei contrasti? Rapidità di azione? Se non lo so fare perché non me lo insegna?

Vuole vincere ma perché? E dopo che vince sarà contento? E se non vince, continua così?

Domande, troppe domande, nessuna risposta. Oggi è così, ma è così da almeno cinquant'anni forse, con una mentalità chiusa che non porta valore ma solo stress da risultato che, paradossalmente, non dà risultati... Infatti, non è certo un caso se la nazionale ha saltato due qualificazioni mondiali di seguito e non raggiunge gli ottavi dei mondiali da vent'anni almeno (aspettiamo il 2026).

Strutture sportive fatiscenti, ASD in cerca di soldi per andare avanti di un giorno e poi boh, istruttori presi per due soldi, a caso e senza alcuna preparazione decente (fisica e soprattutto mentale). Moltissimi ragazzini perdono stimoli e interesse perché diventano tristi, trattati come polli da allevamento, qualche volta convocati per la partita e che non giocano quasi mai, salvo che non siano soldatini veloci, aggressivi e già strutturalmente alti e muscolosi.

È il mio ritratto della triste situazione dell'attività calcistica qua a Cagliari da un quarantennio a questa parte (io sono il padre del ragazzino di 13 anni e mezzo di cui sopra e ho 50 anni). Ma ho la sensazione che la situazione sia simile in tantissime parti d'Italia.

Cos'è la felicità se non la soddisfazione che raggiungi quando riesci a fare star bene un'altra persona e quella persona ricambia con gratitudine e riconoscenza? Dare valore a un altro e riceverlo: questo non lo vedo nemmeno lontanamente nel mondo delle giovanili di calcio di oggi e ne vediamo tutti le conseguenze.

Ragazzini che si divertono di più con uno smartphone in mano o davanti alla play, piuttosto che correndo con un pallone tra i piedi. Non dobbiamo cercare il colpevole perché non serve a nulla, dobbiamo vedere dove sta il problema e cercare di risolverlo. Anche nelle piccole cose, nei dettagli, nell'educare i giovani anche all'interno di un campo di calcio. Come si dice, da cosa nasce cosa e si può fare qualcosa di importante pian piano. Però bisogna agire subito e con tanta determinazione, sennò è la morte sociale e civile.

Non deve prevalere la mediocrità perché la mediocrità di quell'istruttore di cui ho fatto cenno sopra, per me, equivale all'infelicità e non credo sia una cosa per la quale conviene vivere”.

Lettera firmata*

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