“ È indubbio che - in ogni caso - pagherò a molto caro prezzo l’incarico: lo sapevo prima di accett arlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un’occasione unica di fare qualcosa per il paese ”. Così scriveva il commissario liquidatore Giorgio Ambrosoli a sua moglie Anna il 25 febbraio 1975, dichiarandosi “pronto per il deposito dello stato passivo” della Banca Privata di Sindona. È il lavoro che gli costerà la vita.

Quel testamento spirituale è una pagina luminosa ma spesso trascurata di storia repubblicana, peraltro scritta da un galantuomo di fede monarchica, con un senso inflessibile dello Stato e dell’Italia. È esposto a Sassari nella biblioteca universitaria di piazza Fiume, con altri testamenti di italiani illustri, per una iniziativa del Consiglio nazionale del notariato e del Consiglio notarile di Sassari, Nuoro e Tempio che in due convegni, la mattina di sabato prossimo e il pomeriggio di venerdì 26, sarà approfondita da storici e addetti ai lavori. Da Gramsci a Garibaldi passando per Cavour e Grazia Deledda, le ultime volontà in mostra sono molte e spesso affascinanti. Eppure le righe di Ambrosoli, in una nazione le cui fazioni spesso non trovano e neanche cercano una memoria e un’etica condivise, hanno un valore particolare. Per vederle, e rendere omaggio al martire civile che le scrisse, vale la pena di affrontare la 131. E non è dire poco.

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