I eri nel primo pomeriggio i lampioni di viale Regina Elena erano accesi. Un carro gru con un cestello sulla scala meccanica li raggiungeva laboriosamente uno per uno. Forse per registrare il meccanismo di accensione, o per collaudarlo o chissà.

Veniva in mente, per contrasto di luminosità e tecnologia, la pagina del “Giorno del giudizio” (“La luce arrivò in una sera gelida di ottobre”) in cui il buio di Nuoro scopre i lampioni elettrici e si congeda da quelli a olio. “Un urlo immenso si levò per tutto il paese, che sentiva misteriosamente di essere entrato nella storia”. E poi, dall’altra parte della vallata: “E a un tratto apparve quella magia luminosa nell’immenso vuoto, e fu anche a Oliena un urlo di gioia. Che cosa c’entravano, se non forse per via del miracolo, che è miracolo per tutti, non si sa bene”.

Perciò ieri veniva in mente che un tempo i centri vicini ammiravano quelli che di notte si illuminavano. Oggi quelli che restano illuminati di giorno passerebbero, se da lontano si notasse, da matti o distratti. Che come riflessione non sarà un granché, però intanto dopo che hai sfogliato il “Giorno del giudizio” non riesci a posarlo. E chi non lo ha mai letto beato lui o lei. Come di fronte alla luce in una notte di un secolo fa, potrà stupirsi davanti a un libro che, fino a quando assomiglieremo a noi stessi, continuerà a raccontarci chi siamo.

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