J ane Fonda, popolare attrice e attivista per i diritti civili americana, ha annunciato qualche giorno fa che le è stato diagnosticato un linfoma non-Hodgkin. È una forma di tumore che prevede un ciclo di chemioterapia. «È un cancro molto trattabile», ha scritto sui suoi profili social. «L’80% delle persone sopravvive, quindi mi sento molto fortunata». Tutto ciò ha provocato un moto di simpatia verso una persona che si appresta ad affrontare, con molte probabilità di successo, almeno questa è la speranza, un percorso terapeutico impegnativo. Ma ciò che più mi ha colpito sono state le successive parole di Jane Fonda: «Sono molto fortunata anche perché ho un’assicurazione sanitaria e accesso ai migliori medici e trattamenti. Mi rendo conto, ed è doloroso, che sono una privilegiata. Quasi ogni famiglia in America ha avuto a che fare con il cancro in un modo o nell’altro e troppe persone non hanno accesso alla qualità del servizio sanitario che sto ricevendo, e questo non è giusto». Per chi non avesse chiaro il funzionamento della sanità negli Stati Uniti, le cose vanno così: se hai i soldi o un’ottima assicurazione vieni curato, altrimenti muori. Ricordiamoci questo quando, non senza motivo, sia chiaro, ci viene voglia di parlare male della sanità pubblica italiana.

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