S tiamo costruendo un mondo finto. Stiamo sostituendo la realtà con l’artificio, l’uomo con la sua protesi tecnologica. Dall’operatività dell’homo faber, che sta all’origine della nostra civiltà, siamo passati alla contemplazione di noi stessi. Al posto dell’essere, il non essere. La materia immateriale non è più soltanto un ossimoro verbale. Tutto procede sempre più velocemente. Siamo maratoneti in una corsa che non ha un traguardo. Le cose, che sono nostre creature, ci hanno preso la mano e il cervello. Vivono di vita autonoma, non riusciamo a ingabbiarle. Credevamo di avere rinchiuso il diavolo in bottiglia, ora non riusciamo a evitare che ne esca. Ha assunto la dimensione e l’aspetto luciferini del metaverso e dell’intelligenza artificiale. D’ora in poi la vita e la morte, la vittoria e la sconfitta non si avvarranno solo della forza delle armi. Avremo davanti a noi opportunità enormi quanto enormi saranno i pericoli. Cambieranno l’economia, la sociologia, l’agricoltura, la medicina, la scuola, il modo di fare politica. E quello di pensare, che originerà una nuova filosofia. Nascerà un’altra religione. I suoi sacerdoti vestiranno camici bianchi, adoreremo il Digitus Creator. Stiamo vivendo i giorni dell’avvento di un uomo nuovo. Non è detto che sarà migliore. Forse dovremo salvarci da noi stessi.

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