U n merito Elly Schlein ce l’ha. Ha ristabilito e ridisegnato i campi: di qua la destra, di là la sinistra. La sua presenza rilevante sulla scena politica dimostra che molti parlavano a vanvera: non era vero che destra e sinistra non esistevano più giacché l’una era come l’altra. Il primo che lo sostenne parve un bello spirito originale; altri, per apparire a loro volta originali, gli si accodarono. Ma così non era e non è. Destra e sinistra hanno identità distinte. Elly vuole confermarlo e fa bene. C’è bisogno di chiarezza, l’ambiguità è una delle cause dell’astensionismo elettorale. Il suo Pd non sarà quello di Letta, un misto di sacrestia e cellula; né quello di Renzi, una maionese di ingredienti cattocomunisti che per troppa emulsione impazzì. Il Pd alla Schlein è erede diretto del Pci; i nipotini della Dc che vi sono confluiti hanno abbassato le insegne e hanno giurato obbedienza; hanno rinnegato le loro origini e celebrano i riti dell’antifascismo con Maurizio Landini e la Cgil. L’antifascismo è sentimento nobile, come lo sono l’anticomunismo e ogni antitotalitarismo. Ma non si deve alimentarlo artificiosamente inventando rigurgiti e pericoli fascisti dietro ogni frase e ogni gesto, né chiedendo abiure di fronte al tribunale dell’Inquisizione rossa. Così lo si mortifica e se ne fa una caricatura.

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