“S u scramentu” per noi sardi è tipico di chi vuole ostinatamente compiere un’azione che può costare cara. Tradotto: se giochi col fuoco facilmente ti brucerai. Il detto suona anche per Giorgia Meloni che vuole rivedere la Costituzione nonostante la storia racconti quanto si è scottato chi ci ha provato. La premier fila però dritta e decisa verso un’Italia più snella, più “diretta”; “cerco l’accordo con l’opposizione ma se non ci fosse vado comunque avanti, me lo chiede la gente, il popolo”. Cosa chiede la Meloni in nome del “popolo sovrano “ancora non è chiaro: presidenzialismo stile Usa, semipresidenzialismo alla francese o cancellierato alla tedesca? Chiamiamolo come vi pare purché assicuri la stabilità di governo, anticipa la premier. Tra opposizione e maggioranza l’accordo non c’è e quindi tutto riporta al referendum e all’articolo 1 della Carta: “la sovranità appartiene al popolo”. I padri costituenti prima di votarlo discussero a lungo su “emana”, “spetta”, “risiede”; scelsero “appartiene” non per il gusto di fare accademia ma perché ogni altra parola avrebbe avuto una valenza politica. Giorgia Meloni non cambia solo una parola ma è decisa a smontare l’architettura istituzionale della Repubblica compattando i suoi ma scatenando mezzo Paese. Attenta Giorgia, “su scramentu” è pesante da sopportare. Renzi ne sa qualcosa.

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