A gli untori, sospettati (a torto) di contagiare la peste con un unguento, nella Milano del 1600 facevano direttamente la pelle. A chi correva in spiaggia al Poetto, in zona rossa nella prima ondata del Covid senza vaccini, davano la caccia con inseguimenti gli agenti in divisa. Agli influencer, cioè quelli che portano influenza (ma non quella virale), invece diamo soldi. A montagne.

Solo una società malata, e non nel corpo, può eleggere dei “nessuno” al rango di influencer: significa che se parlano bene di un prodotto, a milioni lo acquistano perché piace all’influencer, il cui curriculum è bianco a parte i nomi dei followers (seguaci).

Chiara Ferragni è un’influencer, la più famosa, e solo per questo nell’oro naviga come Zio Paperone. Pazienza per il marito Fedez, che guadagna molto bene però almeno canta. Quantomeno, lo afferma.

Molte persone note fanno beneficenza promuovendo iniziative a favore degli ultimi, senza guadagnare. L’ha fatto anche Chiara Ferragni, però pagata cifre stellari per prodotti il cui intero incasso andava a chi li faceva. E che prima aveva fatto un “cicinino” di beneficenza. Ma noi, degli influencer, ci fidiamo. Dunque, ce lo siamo meritati.

Al caso Ferragni pare essere interessata la Procura di Milano, ma contro l’influencer sarebbe bastata una tachipirina. Prima, però, che la febbre salisse così tanto.

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