M assimo Fini è un giornalista che vanta un buon curriculum e si compiace del suo pensiero mercuriale. Per andare sempre controcorrente e destare meraviglia non ha badato a spese politiche viaggiando da destra a sinistra, dal centro alla periferia. Talvolta difende l’indifendibile, spesso veste i panni del provocatore: con astuzia dialettica e buono stile di scrittura. Il Covid imperversa mortifero e lui, per anticonformismo, ne assume la difesa descrivendolo come un benefattore dell’umanità. Alcuni giorni fa su “Il Fatto quotidiano”, ha così vaneggiato: «Se avessimo lasciato fare alla Natura quello che le compete, cioè sfoltire la popolazione quando è in sovrabbondanza, il Covid sarebbe morto per inedia e sarebbe durato un paio d’anni. Opponendoci ottusamente ne prolunghiamo l’esistenza. Inoltre io non capisco proprio perché per salvare dei settuagenari od ottuagenari, in genere affetti da due o tre gravi patologie, si sia bloccata la vita di intere generazioni a cui il Covid non poteva far nulla. Che muoia chi deve morire e smettiamola con questa farsa tragica». Il giornalista del “Fatto” auspica un benefico olocausto di anziani e deboli, una nazi-soluzione finale senza spargimento di sangue affidata alla falce selettiva del Covid. Prosit. (Nota a margine: Massimo Fini ha 78 anni).

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