D onna, vita, libertà: tre parole che risuonano come un inno nelle strade di Teheran e delle altre città iraniane. Dopo le ragazze, che per prime hanno sfidato il regime degli ayatollah, un intero popolo si sta ribellando ai tiranni vestiti di nero. I despoti dalle barbe bianche sono sconcertati di fronte all’insurrezione di milioni di uomini, donne, bambini che invadono le piazze e affrontano senza difese le armi dei pasdaran, i guardiani della rivoluzione khomeinista, che sparano sulle folle uccidendo. Una mattanza che non risparmia nemmeno i più giovani: sono 58 quelli tra i nove e i diciassette anni morti ammazzati. Migliaia le persone arrestate, segregate in galere da incubo. Fioccano le condanne a morte. Questa non è più nemmeno una teocrazia, illiberale per definizione. È una teo-tirannia, che reprime e uccide per una ciocca di capelli fuori dal velo. Non ha più niente di sacro. La Guida Suprema denuncia trame internazionali: «È il male incarnato dei nemici dell’Islam e ha il marchio dell’Occidente». Chiamato in causa, l’Occidente o tace o bisbiglia appena. Molti governi europei, compreso quello italiano, hanno optato per un lugubre silenzio. Nemmeno dal Papa, che si spende ogni giorno in difesa dei deboli e dei martiri, viene una condanna. Perché? È avvilente la risposta che mi sovviene.

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