I l canone Rai dal 2024 da 90 scende a 70 euro. La rivoluzione annunciata in campagna elettorale è tutta qui. Ai 21 milioni di italiani che foraggiano viale Mazzini con 2 miliardi di euro sono cascate le braccia. Non tanto per lo sconto di 20 euro, quanto per aver lasciato la Rai come l’hanno trovata, dopo averla criticata anche per il canone che il ministro Salvini giurava avrebbe eliminato: finora balle. Forse solo il direttorio di viale Mazzini ha il coraggio di sostenere che la tivù pubblica è una cosa e la commerciale un’altra. Sul piano dei varietà e dell’informazione a voler essere buoni nessuna differenza. Però Mediaset ha un terzo dei dipendenti della Rai e guadagna, la rete pubblica accumula debiti e, nonostante il canone, vive in continuo affanno economico ma tranquilla. Perché la Rai è la Rai e lo Stato pagherà. Una qualunque azienda invertirebbe la rotta. La Rai no, vive come se Berta ancora filasse mentre il pubblico si sfila. La tivù pubblica è morta col maestro Manzi e il suo “Non è mai troppo tardi”. Non è invece tardi per passare alla privatizzazione, chiudere la lottizzazione e confrontarsi col mercato. Il servizio pubblico di parte non è l’ossimoro ma la contraddizione di una Tivù di Stato che invece facilmente si confonde con la Tivù al Governo, pagata anche da chi è minoranza oggi e magari maggioranza domani.

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