U n motivo c’è sempre, qualche volta di interesse generale e altre nell’interesse della squadra che le ha votate. Se poi le leggi dopo mille passaggi finiscono nel cassetto dei progetti perduti significa che si è arrivati all’osso, scartato anche dal più triste dei bulldog. I fatti, le Province. Il giornalista Gian Antonio Stella ha criticato la decisione della Regione di portarle da 4 a 8 dopo che i cittadini col referendum e poi il Governo con provvedimenti (parecchio raffazzonati) avevano deciso di eliminarle. C’è chi dice che l’Ente avvicina le popolazioni al potere e chi il potere alle proprie partecipazioni elettorali. Punti di vista e di svista. Resta però un fatto: bisogna decidere. O le riaprono o le chiudono, ma sul serio. Non è possibile che da oltre sei anni abbiano consegnato quel poco che ancora resta delle Province agli amministratori straordinari, normalmente burocrati in pensione con evidenti galloni politici. Dovevano starci fino al 31 dicembre 2015, ci sono ancora e con questo andazzo da gambero chissà per quanto ancora stazioneranno “per garantire l’ordinaria amministrazione e lo svolgimento dei servizi essenziali”. Morire o risorgere, chissà se questo è il vero dilemma. In giro ci sono troppi onnipresenti ma non l’Onnipotente disposto a ripetere il miracolo di Lazzaro.

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