E così dopodomani Facebook potrebbe cambiare nome. Rebranding, lo chiamano, ed è un modo per lasciarsi alle spalle guai e imbarazzi che in effetti al social non mancano, con le talpe che quasi ogni giorno raccontano quanto sia stato vigliacco e avido, pronto a chiudere gli occhi sulle nefandezze di Trump (e non solo) un po’ per paura di ritorsioni e molto per non rinunciare all’enorme traffico di commenti e interazioni e quindi di profitto che l’odio e le menzogne generano. Aspetteremo di scoprire il nuovo nome (che altro potremmo fare?) e intanto ci rallegriamo che Facebook sia roba americana. Fosse italiana finirebbe per ispirarsi ai partiti, che dalle nostre parti sono i soli che ogni tanto hanno bisogno di rebranding, per mettersi al sicuro dal passato o da un’inchiesta. Escluso un Facebook Nord o un “Fb-Zuckerberg presidente”, guardando a sinistra non andrebbe meglio: ricordate per quanto tempo per riferirsi al Pci non ancora Pds lo chiamammo la Cosa? Forse era un omaggio veltroniano ai Fantastici Quattro, forse era sincera perplessità ma comunque non funzionerebbe (“Contattami sulla Cosa”, “Ti cerco sulla Cosa”). In ogni caso Fb si scelga il nome che vuole, quello che non può e non vuol cambiare sono le impronte (digitali, è il caso di dirlo) che ha lasciato sulle nostre vite, facendoci pagare in rabbia e menzogne la sua finta gratuità.

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