C on il rispetto dovuto ai vegetariani e agli animalisti continueremo a mangiare costate di bue rosso, di vitelli di razza modicana e bortigalese con incursioni nel grasso Piemonte o nel caro Giappone per la Kobe Wagyu da 500 euro al chilo. La “carne coltivata” pasciuta in laboratorio, creata prelevando le cellule dalle mucche, non ci attrae ma neppure ci spaventa. I pro dicono che da ogni capo vaccino si possono ricavare 175 milioni di hamburger, invece del mezzo milione che si ottiene con la normale macellazione. Il Governo è contrario e anticipando l’Europa, ha cancellato la fettina “coltivata” in laboratorio proibendo la produzione, la consumazione e il commercio di cibi e mangimi generati da colture cellulari. “Siamo la prima nazione al mondo a dire no agli alimenti sintetici. Difendiamo la salute dei cittadini e la produzione nazionale” è il bollettino della vittoria del ministro dell’agricoltura e, in particolare, della sovranità alimentare. Parliamone. L’immunologa e senatrice a vita Elena Cattaneo sostiene che il divieto mortifica l’iniziativa economica e scientifica del Paese, che sulla carne coltivata si raccontano bugie e la legge rischia di ottenere una sonora bocciatura dall’Ue. Se l’hamburger coltivato è dannoso alla salute il no è categorico. Se invece è una questione di sapori non c’è divieto che tenga: al gusto non si comanda.

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