L a prima cosa che si impara quando si comincia a informarsi, magari orecchiando un tg per imitare gli adulti di casa, è che non c’è intreccio più convulso di torti e di ragioni della questione israelo-palestinese.

Ovviamente il terrorismo su larga scala di Hamas fa orrore e rabbia. Un paese come il nostro, che ha conosciuto per mano delle Br l’atrocità dei rapimenti di magistrati e politici, forse non riesce neanche a concepire che cosa significhi veder trascinati via in ostaggio ragazze e ragazzi che si erano dati appuntamento per ballare, e tutt’intorno i cadaveri dei loro amici.

Ma quando in una pausa dei brividi (anche preventivi, ormai è tempo di massacro) si torna all’interrogativo primo e ultimo, a quell’ossessivo “come se ne esce?”, si riprende a rimbalzare fra torti e ragioni con la solita frenesia. La qualità democratica di Israele, unica in tutto il Medio Oriente, e i suoi errori brutali, le rivendicazioni storiche dei palestinesi e quella loro dirigenza in cui i corrotti gareggiano coi violenti: tra questi poli si corre avanti e indietro, e sempre sotto l’ombra gigantesca che l’antisemitismo continua a proiettare sulla storia. Per questo quando leggi dei collettivi che celebrano Hamas con slogan come “Bello se brucia Tel Aviv” provi quasi sollievo, come quando a un esame difficile ti fanno una domanda facilissima. Questa la so: è un’orrida idiozia.

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