C hi lo avrebbe mai detto: Vladimir Vladimirovic Putin ha citato Marco Tullio Cicerone. Sorprende che in quella testa popolata di armi, guerre, stragi, ammazzamenti, vendette, minacce nucleari possa trovare spazio anche il grande oratore romano. La citazione non è in latino: sarebbe pretendere troppo da un gendarme russo, anche se laureato in legge. Dice Vladimir: «Cicerone afferma che durante la guerra le Muse devono tacere. E io aggiungo che in tempi di emergenza devono tacere anche le leggi». Cicero-Putin pro domo sua. Cicerone però aveva detto: «Silent enim legis inter arma», che in traduzione libera significa: tacciano le leggi durante le guerre. Da una parafrasi, «Inter arma silent Musae», prese spunto Salvatore Quasimodo per scrivere versi di sublime poesia: «E come potevamo noi cantare, con il piede straniero sopra il cuore, fra i morti abbandonati nelle piazze sull’erba dura di ghiaccio, al lamento d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero della madre che andava incontro al figlio crocifisso sul palo del telegrafo? Alle fronde dei salici, per voto, anche le nostre cetre erano appese, oscillavano lievi al triste vento». È la descrizione della barbarie nazista in Italia. Non diversa da quella delle armate russe in Ucraina. Lo zar ha dimestichezza con le bombe, non con la cultura. Che, se offesa, può diventare un boomerang.

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