C ercasi Elly disperatamente. Molti si domandavano dove fosse. La risposta l’ha data l’Unità, da sempre organo di stampa del Pci, partito di cui il Pd è l’erede. Il direttore Piero Sansonetti ha svelato ciò che tutti sanno: Schlein c’è e non c’è. C’è fisicamente, ma non politicamente. Tutto ciò che accade nel mondo le scivola addosso. La ragazza è di sicuro intelligente, ma manca di intelligenza politica. Quindi, è fuori posto, non può dirigere un partito. Sansonetti, in un veemente editoriale, la esorta a lasciare in pace il Pd, che per colpa sua oggi «è un partito fantasma, non esiste». Calcando la mano, le lancia un’ingiunzione: «Lasci il Pd per farlo vivere. Il tempo è scaduto». Schlein, tre passaporti in valigia, appartiene all’aristocrazia progressista internazionale. Oscilla tra Vogue e Cgil, pencola tra il rosso-bandiera-rossa e i colori pastello di cui la veste la sua armocromista. Più che conquistare consensi e voti con la politica ha fatto pesca a strascico nel mare delle diverse e disperse sinistre. Nella rete si sono impigliati sardine e vecchie cariatidi da museo delle cere, che ha tentato invano di rianimare. Quando con i fluidi voti online fu eletta segretario del Pd, tutti esultarono: a sinistra e a destra. Compresa Giorgia Meloni. Che accese un cero a madonna Boldrini, estimatrice e sponsor di Elly.

© Riproduzione riservata