Perdere di poco
Caffè Scorretto
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P ersino gli astri più fulgidi tramontano. Anche Enrico Letta, stella nana della sinistra, è in fase calante. Dopo il passaggio nel firmamento politico italiano di un corpo celeste proveniente da destra ha deciso di abbandonare la costellazione del Pd. Ha giocato la sua partita da pokerista perennemente in bluff e ha perso. Prima lo ha ammesso, poi ha precisato: perso sì, ma mica tanto. Ha ragione: rispetto alle elezioni di cinque anni fa ha guadagnato lo 0,7 per cento: dal 18,8 al 19,5. L’obiettivo, però, era arrivare primo; invece è arrivato secondo. Questa volta non potrà governare con manovre surrettizie. Le sue astuzie da furiere maggiore non basteranno a sovvertire la legge dei numeri. La sua inquieta malinconia trova sfogo in frasi isteriche che non si addicono alla sua indole monacale. Dopo l’elezione dei presidenti di Senato e Camera ha sibilato: «Un postfascista e un oscurantista, uno sfregio all’Italia». Dimentico che in un recente passato a quelle stesse cariche sono stati eletti comunisti come Napolitano e Bertinotti, Ingrao, Nilde Iotti e Boldrini. Fare confronti fra due regimi liberticidi è come rimestare nel letame. Lasciamoli entrambi al giudizio della Storia. La smetta, signor Enrico, di dividere l’Italia tra fascisti e antifascisti. Fa solo perdere le elezioni. E stia sereno.