P atria: terra dei padri, di sfilate e divise premiate il 2 giugno. “Siam pronti alla morte, l’Italia chiamò”: per favore, no. Ricordiamo i “padri della patria: il conte di Cavour, Mazzini e Garibaldi, personaggio insolito anche perché aveva avuto il coraggio di dire “Obbedisco”. Le statistiche certificavano che sei italiani su dieci erano pronti a rischiare la vita per difenderla; spiegava Indro Montanelli: “È come una mantenuta costosa e scostumata, ma riesce a farci sentire uomini”. Altre generazioni. In questo XXI secolo caratterizzato dalla globalizzazione e dell’emarginazione di interi continenti, dove i processi migratori confondono i confini e dove usi e costumi si contaminano e trasformano la patria in agglomerati di sconosciuti, il concetto di patria si è ristretto. Si vanno perdendo i tratti di familiarità che ci facevano dire “noi” in contrapposizione a “loro”. È il grande tema che, al netto di dispari visioni politiche, interessa questa generazione e segnerà inevitabilmente il futuro dell’Italia nell’Europa e nel mondo. Restando tra “noi” più che “il senso della Nazione” prevale quello del campanile ma c’è chi si sente più vicino a Londra e a Barcellona che a Cagliari e chi vorrebbe dividere la Repubblica almeno in tre parti diseguali. Qualcuno ammonisce: “restiamo uniti o saremo sconfitti”. Da noi stessi, non dallo straniero.

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