L a notizia che l’inchiesta su Marco Carrai, l’imprenditore legato a Matteo Renzi, indagato per una storia di riciclaggio (a suo tempo abbastanza urlata) dopo tre anni è stata definitivamente archiviata dal gip di Firenze “per infondatezza della notizia di reato” non ha fatto notizia. C’è un tempo per ogni cosa: non sempre e non per tutti. Il tempo per Carrai si è fermato “alle visite nella notte della Finanza, all’umiliante perquisizione della moglie in stato di gravidanza e alla successiva violenta persecuzione a mezzo stampa, tv e social network”. Diciamolo, un Paese normale porgerebbe le scuse ai tanti Carrai giustiziati senza Giustizia. In un mondo ormai diventato villaggio ci deve pur essere un limite al sensazionalismo e non è corretto sostenere che dar voce alla piazza significa dare voce alla gente. C’è chi manipola, chi inventa, chi applaude anche quando il silenzio sarebbe più dignitoso per il rispetto che si deve a ogni persona. Ricordo un grande direttore dell’Unione di trent’anni fa che si rifiutò di pubblicare la notizia di una signora coinvolta senza colpa nella seconda delle tre “S”: “sangue, sesso e soldi”; le vendite sarebbero aumentate ma anche dolore e insulti alle persone. Una lezione che fa riflettere sul nostro lavoro e sulla sorte spesso amara del prossimo. Ricordando che, per fortuna, siamo testimoni e non giudici.

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