L ontano da noi, in Niger, in Africa, si sta consumando l’ennesimo atto di una guerra civile. I golpisti hanno rovesciato il presidente in carica e il generale che li guida si è autoproclamato nuovo capo del governo.

Una storia simile a tante altre in un continente dove l’instabilità politica e le lotte intestine sono la norma. Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani ha rassicurato che i circa mille nostri connazionali sono al sicuro. Sono perlopiù volontari delle Ong che cercano di dare una mano a un Paese martoriato dalle rivolte e da una miseria senza fine. E per questo patria dei trafficanti di esseri umani e base dei terroristi di Al Qaida.

Più risoluta la Francia. Per la necessità di difendere i propri cittadini che soggiornano in quel Paese, si è persino spinta ad adombrare la possibilità di un intervento armato. La decisa reazione degli Stati confinanti con il Niger, come Mali e Burkina Faso («sarebbe un atto di guerra», hanno detto i governanti di questi due Paesi) ha ridotto Parigi a più miti consigli. Sul perché di questa frenesia interventistica di Macron, naturalmente, non c’entra il fatto che la Francia controlla le miniere di uranio e oro del Niger.

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