L ’Iran degli ayatollah è una miscela di religione, superstizione e barbarie. Uno stato teocratico. Sanguinario in nome di un Dio vendicativo, della cui volontà si dichiara interprete una casta di sacerdoti fanatici e senza umanità. Codice divino e codice penale coincidono. In questi giorni a Teheran tribunali farseschi di giudici conniventi con il potere stanno condannando a morte per impiccagione giovani uomini e donne. Il reato di cui li accusano si chiama “moharebeh”, che vuol dire “persona nemica di Dio”, un crimine che la occhiuta e spietata polizia morale può attribuire a chiunque; vago come quelli dell’Inquisizione, quando bastava una diceria per essere mandati al rogo per empietà, stregoneria, blasfemia. La fila dei condannati si allunga ogni giorno perché l’anelito di libertà e democrazia è più forte della paura. Noi occidentali, che di quei valori ci riteniamo i campioni, siamo solidali con gli oppressi; ma solo con parole di biasimo verso i tiranni. Troppo poco per indurli a mitigare la spietatezza della loro repressione. Gli eredi di Khomeini confidano nei loro protettori, che stanno a Mosca, a Pechino e nei santuari della finanza internazionale. Mentre noi li esecriamo, gli ayatollah ordinano a tiratori scelti di sparare nei genitali delle donne. Laddove, secondo loro, si annida Satana.

© Riproduzione riservata