A Gavardo, nel Bresciano, il sindaco voleva semplicemente piazzare un “Buon Natale” luminoso all’ingresso del centro, ma siccome di questa roba antiquata non se ne trova più ha dovuto ripiegare su un’insegna che celebrava “Xmas”. Dopodiché un compaesano settantenne gli ha chiesto a brutto muso perché si inneggiasse con tanto di lucine intermittenti alla Decima Mas.

Segnalare e stigmatizzare gli ammiccamenti al fascismo è ancora e sempre un esercizio utile e meritorio: non ogni braccio teso che vediamo in piazza è da ricondurre allo stretching, e il manipolo di audaci che è andato in divisa nazista alla proiezione di “Comandante” a Spilimbergo non voleva solo estendere agli spettatori il metodo Stanislavskij che aiuta gli attori a calarsi nel ruolo. Stavolta però è evidente il ventennio non c’entra nulla.

Chi vuole proprio preoccuparsi potrà farlo in nome dell’identità culturale di un Paese che ha finito i Buon Natale e si fa dettare gli auguri non tanto dalla perfida Albione quanto dalla Coca Cola. Chi invece vuole angosciarsi per la memoria storica, non abbia fretta: non tarderà ad apparire uno studente di storia contemporanea che, dopo aver approfondito i tentativi di golpe contro la Repubblica, rievochi il principe nero Borghese sottolineando che a Salò comandò la temutissima “Christmas”.

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