I l Medioevo è a 1.200 chilometri da noi. Sbaglia, chi crede che certe distanze si misurino in tempo: basta andare a Budapest oggi.

Non importa (non ora) se Ilaria Salis, l’anarchica di origine sarda a processo in Ungheria per un’aggressione a due neonazisti, sia colpevole o no. E non spetta all’opinione pubblica accertarlo: si giudica in nome del popolo, ma non giudica il popolo, perché non ha né gli elementi né la cultura giuridica.

Resistiamo all’italica caciara tra colpevolisti e innocentisti, perché il problema precede il verdetto. Innocente fino a prova contraria, Salis in aula è una bestia allo zoo, con guinzaglio e catene, non una detenuta in attesa di giudizio. Medioevo, appunto.

È dalla foto di Enzo Tortora con i ferri di campagna, che in Italia abbiamo cominciato a capire che è sbagliato pubblicare le foto di persone in manette. Per Salis, i giornalisti fanno un’eccezione per denunciare come l’Ungheria la sta trattando. Il ministro Lollobrigida dice di non aver visto le foto: gli fanno la rassegna stampa su Diabolik e Topolino? Il Governo protesta con l’ambasciata ungherese. Il ministro degli Esteri, Tajani, si arrabbia, «ma il presidente Orban non c’entra».

Eppure, è semplice: se un nostro amico, e Orban lo è per Meloni tant’è vero che ieri alla fine l’ha sentito al telefono, picchia la moglie, lo si denuncia. Poi si cambiano amicizie.

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