Q uella parte dell’umana gente che Dante colloca “nell’aiuola che ci fa tanto feroci” parla di guerre per arrivare, quando si arriverà, alla pace orientata al proprio business: dollari e okkupazione. Niente di nuovo. Nel 210 avanti Cristo Tito Livio commentava: mentre a Roma si discute, Sagunto viene conquistata. Il suo amaro “dum Romae consulitur Saguntum expugnatur”, veniva ripetuto 43 anni fa dal cardinale Pappalardo nel funerale del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa ucciso dalla mafia. Ci risiamo, con una differenza. Mentre in comode stanze si discute dell’infinito niente, non Roma e non l’Europa ma solo i padri della Chiesa ricordano a Putin e a Trump, impegnati nel teatrino dell’assurdo, quel tale Tito Livio e l’oceano di sangue che inonda Kiev e Gaza. Il pezzo di mondo “volenteroso” lascia che Trump giochi alle tre carte: prima che poi uscirà la vincente e sarà la sua. L’Europa sballottata qua e là tra sovranismo, putinismo e trumpismo non sa da che parte parare. Le tavole rotonde aperte “pro bono pacis” fanno notizia ma non aiutano i bambini di Gaza che in lacrime chiedono un pezzo di pane e un po’ d’acqua, né l’Ucraina a salvare le sue terre. Quando le Sagunto di oggi saranno espugnate “voi morti a noi morti direte nuove tavole della legge”, era il monito del Nobel Salvatore Quasimodo. Il mondo ricordi Tito Livio e ascolti papa Leone.

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