La russofobia
Caffè Scorretto
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P er giustificare sbrigativamente comportamenti eccentrici talvolta diciamo: «Ognuno ha le sue fobie». Il termine fobia identifica paure angosciose. Oggi lo si usa come suffisso per indicare anche atteggiamenti relativi alla sfera psichica oltre che a quella sociale e politica: dall’omofobia all’islamofobia. L’ultimo è russofobia. Da quando le armate di Putin hanno invaso l’Ucraina commettendo orrori e devastazioni, tutto l’universo russo, per assurda proprietà transitiva, è stato demonizzato. I più intransigenti vogliono persino cancellare dalla memoria storica scrittori, musicisti, artisti di quella cultura. Quando Orgosolo era considerato paese di banditi attribuendo a tutti i suoi abitanti la triste fama di pochi, un orgolese fu convocato in tribunale in veste di testimone. Invitato a dire il luogo di nascita esordì così: «Signor giudice, di gente buona e cattiva ce n’è in ogni luogo. Io sono di Orgosolo». Il giudice sorrise e capì. «Come si chiama?» gli domandò. Con orgoglio ostentato l’uomo scandì il suo nome: «Io sono …». Tendiamo l’orecchio, ascoltiamo le voci che si levano dal Pantheon russo: «Io sono Tolstoj, io sono Dostoevskij, io sono Cechov, io sono Ciajkovskij, io sono Shostakovic, io sono Kandinskij …». Tutti russi come Putin e Stalin. Ma a Orgosolo non erano tutti banditi.