D ialogo tra due signori di mezza età nel giorno dell’Epifania. «Ho letto su google che se perdiamo la resilienza quelli dell’Europa non ci danno più i soldi che ci devono» - «Ne sei sicuro?» - «Sicurissimo» - «Certo, questa resilienza è un bel rompicapo» - «È una cosa più seria dello spread» - «Ma hai capito di cosa si tratta?» - «Si tratta che se non siamo resilienti finiamo in miseria». Resilienza: è la parola di maggiore uso e consumo del 2023. Portata all’attenzione del grande pubblico nel 2021 dal Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza), è dilagata invadendo ogni fascia socioculturale del paese. In pochi mesi è comparsa sulla bocca di tutti, il più delle volte a sproposito: discorsi banali infarciti di resilienza, talvolta senza senso come quello su riportato. Entrata nel vocabolario italiano nel XVIII secolo, attinta dai termini tecnici dell’ingegneria dei materiali, è passata alla psicologia, all’economia e infine, con ampia estensione metaforica, a significare la capacità di riprendersi da eventi difficili della vita. Anche un blasonato allenatore di calcio ha detto che la sua squadra d’ora in poi sarà resiliente. Dopo questa invasione di campo si sono mobilitati i soliti reazionari che, tramando nell’ombra, stanno costituendo un’associazione segreta, alla quale mi iscriverò, di resilienti alla resilienza.

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