S ette anni fa al Guggenheim di New York debuttò “America” di Maurizio Cattelan, un wc in oro massiccio ben funzionante (come verificarono circa centomila visitatori).

Sono quelle operazioni che vanno sotto il nome di provocazione, categoria-ombrello che raccoglie tante cose, dalla denuncia poetica alla furbata, tutte più o meno accolte con la perplessità compunta che l’arte spesso sa generare. A uno stagionato ignorantello come chi firma questa rubrica “America”, riflettendoci un po’, poteva far venire in mente tre cose: A) sembra la cugina sceicca della Merda d’artista di Manzoni, ben più e ben prima provocatoria, realizzata con pochi centesimi di latta e l’idea, il presagio della cacca; B) da un cesso d’oro valutato 5,5 milioni di euro non esala un odorino di bullismo finanziario? C) quest’idea dell’America-vitello-d’oro-del-paganesimo-capitalista, quest’Americaccia sulla quale bisogna sempre defecare, non sarà l’ennesima autofustigazione occidentale da fighetti? Dopo di che due anni fa, 24 ore dopo che l’opera era stata installata in un castello inglese, dei tizi portarono via ingegnosamente tutto quell’oro così cerebralmente impiegato.

Ultima puntata: ieri in quattro sono stati incriminati e il 28 andranno a giudizio per furto. Una preghiera ai giudici: casomai fossero trovati colpevoli, si potrebbe riconoscere l’attenuante della provocazione?

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