A Pechino aspettano Greta. A manette aperte. Corre voce che la pulzella di Stoccolma andrà a trovare Xi Jinping. Lei non lo ha ancora annunciato, ma l’incontro è inevitabile; non può escludere dalla sua sfera di attenzione il leader cinese. Sul mansueto dittatore dell’ex Celeste impero non si è mai pronunciata, non gli ha rivolto le frasi di scherno indirizzate ai governanti occidentali: che più sono da lei insultati e più l’applaudono. Xi non applaude, sorride pacioso come quando saluta i discoli contestatori che vanno a trascorrere lunghe, gratuite vacanze nei laogai, i confortevoli gulag cinesi. Quindi Greta non deve temere: male non dire paura non avere. Quel regime, come tutti sappiamo, è molto tollerante. Infatti non ci sono dissidenti in circolazione. La docile dittatura comunista cinese, che approfittando della globalizzazione esporta virus come involtini primavera, si è integrata nel capitalismo senza rinunciare al dirigismo economico e all’oppressione politica. Con 1,4 miliardi di abitanti è la potenza commerciale più aggressiva del pianeta, quella che inquina di più e che non vuole smettere di farlo. Soltanto Greta potrà convincere il placido Xi a cambiare idea. Siamo tutti con lei. L’accompagneremo idealmente in piazza Tienanmen, dove i carri armati sono gingilli di regime.

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