La casta casta
Caffè Scorretto
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U n cortocircuito che scatta più o meno in ogni lingua è la parola polisemica, quella che ha più significati. Per esempio in italiano “casta” come sostantivo indica una cerchia sociale ristretta e privilegiata, ma come aggettivo definisce la dedizione alla castità di un soggetto di genere femminile.
Perciò quando il Papa esclude dai seminari gli omosessuali, che avrebbero troppe tentazioni, questo clero circoscritto agli etero repressi si può definire una casta casta. Però escludere i gay aggrava la crisi delle vocazioni, quindi giocherellando con le assonanze si può dire che la casta casta costa.
Qui però viene in mente una cosa sorprendente. Questa accurata selezione omofobica dei candidati al sacerdozio - il castigato casting della casta casta - riguarda i preti, mai le suore. Perché la chiesa chiede “etero o non etero” ai don ma non alle donne? Sono al di sopra di ogni sospetto, oppure al di sotto? Contano così poco - come suggerisce il recentissimo rifiuto di ammetterle almeno al diaconato - che non meritano la parità neanche nelle discriminazioni?
Perché è poco nobile notare le nubili, guardare l’altra metà del celibe?