Il piatto piange
Caffè Scorretto
B ambole non c’è una lira: era la frase che l’impresario urlava alle ballerine quando il botteghino restava all’asciutto. Il ministro Giorgetti, con quell’espressione un po' così, confessa: “una manovra complicata, non si potrà far tutto”. Forse quasi niente, il piatto piange. Più che l’impressione sono i conti a dire che sarà una manovrina, qualche obolo, un cuneo fiscale spuntato e la revisione degli scaglioni dei redditi ridotta al gioco delle tre carte: questo vince e l’altro perde. Il debito cresce (siamo a 2.843 miliardi di euro, 48 mila a testa) mentre l’Europa ci chiede di riformare, ridurre, selezionare. Non sarà un gioco. Lacrime di sicuro, sangue solo all’Avis. Dicono: le tasse e le imposte non aumenteranno ma saranno “riviste”; qualcosa che sa di scherzetto-dolcetto: ci sarà chi pagherà qualcosa di meno e chi parecchio di più perché i conti alla fine dovranno pur tornare. Le tasse in Italia grosso modo sono un centinaio, la pressione fiscale media supera il 43 per cento. Poco meno della metà di una busta paga finisce nel pozzo senza fondo del Tesoro. Nel 1884 la sinistra cancellò l’imposta sul macinato voluta quindici anni prima da Quintino Sella e dalla destra storica. Un’altra destra e un’altra sinistra. La prima prometteva di cancellare le accise sulla benzina e invece le mantiene, la sinistra - quando sarà e se sarà- confermerà.