Il nome è di fantasia
Caffè Scorretto
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F ra i tanti vezzi della nostra informazione, forse il più scemo è quello di inventare i nomi. È una cosa che facciamo spesso quando scriviamo di minorenni coinvolti in fattacci, o in genere di persone che vanno tutelate ma sono al centro di vicende che vanno comunque raccontate.
E perciò: “Ha divorato il cuginetto ma ne ha lasciato metà nel piatto perché era insipido: è la confessione choc resa fra le lacrime da Paolo (il nome è di fantasia)”. Che senso ha? Raccontiamo una storia enorme e le aggiungiamo un dettaglio, salvo avvisare che è falso?
Forse pensiamo che usare uno pseudonimo induca il lettore a empatizzare, a calarsi nella storia, ma è un’idea sbagliata. Quando Manzoni, che il lettore lo sapeva coinvolgere, decise di parlare di Bernardino Visconti senza nominarlo, non raccontò la redenzione del nobile e sadico Mariolino per poi avvisarci pudicamente che il nome era di fantasia: per ribattezzarlo usò proprio la negazione, l’annullamento delle sue generalità. E creò l’Innominato.
E poi, a dirla tutta: quanta fantasia ci sarebbe nell’inventarsi che una persona si chiama Piero, oppure Gianna? Se proprio dobbiamo fare sfoggio di creatività, almeno impegniamoci. “Il procuratore per i minori ascolterà già nelle prossime ore Cucaracha d’Asburgo-Puddu (il nome, modestamente, è di fantasia)”. Vuoi mettere la soddisfazione?