P er una manciata di ore, leggendo che nella manovra c’erano i pignoramenti fiscali sprint, abbiamo pensato che il mondo si fosse vannaccianamente spostato al contrario. E pregustavamo le rivolte dei No Tax che assaltano Palazzo Chigi con i forconi comprati senza scontrino, l’ira dei liberali da talk show che citano Montesquieu con pesante accento delle Isole Cayman, i profeti del garantismo fiscale che dopo una vita passata a temere la sinistra vedono Giorgetti della Lega, il partito che ascolta il ceto produttivo, il partito Iva, che ficca le mani nelle tasche degli italiani e viola sghignazzando la privacy di evasori e inadempienti.

E i più intelligenti ci spiegavano: ma gli statisti fanno così, vedono lungo e spiazzano tutti, e nei momenti cruciali per il Paese puntano sul rosso tutto il capitale politico vinto fino ad allora sul nero e viceversa. Senonché poi in serata Giorgia Meloni ha detto che non se ne parla proprio, il fisco non può fare il guardone cybernetico e basta là. E ci ha ridato il mondo come lo conoscevano, testa in su e rotazione a destra.

E abbiamo spento le agenzie di stampa borbottando: ma invece perché questa astuzia luciferina nel cambiare gioco il centrosinistra nel 2015 l’ha avuta, e abolendo l’articolo 18 ha soddisfatto le più sfrenate fantasie confindustriali? Davvero bisogna sentirsi sempre più intelligenti degli altri?

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