I eri a Camporosso, in Liguria, si è tenuto il funerale di Caterina Giovinazzo, l’88enne morta di spavento alla vigilia di Natale, dopo qualche giorno di agonia, per aver ricevuto una bolletta dell’acqua da 15mila euro. Un importo sbagliato, chiaramente: poi si è accertato che i consumi ammontavano a circa 55 euro, ma era troppo tardi perché la rettifica fosse di qualche sollievo per la poverina. È una storia che meriterebbe di essere raccontata da Dickens, o da Guareschi: la storia del terrore che un’anziana prova in un mondo che non sente più suo, dove sente di non poter far valere le sue ragioni, e l’idea di spiegarsi con un call center la angoscia.

Eppure il parroco ha preferito dire che «è difficile per la sua famiglia sopportare in questo momento l’inevitabile clamore mediatico che si viene a scatenare davanti a determinate situazioni, per questo siamo davvero vicino a voi come comunità». Dato che il “clamore mediatico” non può essere stato fatale a Caterina (è arrivato post mortem) e che casomai il problema della famiglia è il lutto, perché questo commento bizzarro? Forse perché anche i parroci sono figli dei loro tempi: nei nostri, quando non si sa che dire davanti a un fatto che turba tutti, la cosa più facile è prendersela con la stampa.

La Legge Bavaglio contro la quale da oggi protestiamo ha un nome, un cognome e una targa politica, ma non è un caso se nasce ora.

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