I gnazio La Russa che telefona a Paola Concia – indicata da Valditara con una suora e un’avvocata come consulente per l’educazione affettiva nelle scuole e subito cacciata a furor di Lega, perché sarà pure dialogante con la destra anche estrema ma resta comunque un’attivista Lgbt – e le esprime la propria solidarietà. Il sindaco Dem di Bologna Matteo Lepore che dedica una piazzetta al suo antico predecessore Giorgio Guazzaloca - l’uomo che nel 1999 mortificò la sinistra strappandole per la prima e finora unica volta la guida della celebrata roccaforte rossa - perché la sua «è una grande eredità». Sono due fatterelli, se si vuole minuscoli, che raccontano un’Italia dove ci si può confrontare e anche contrapporre senza negare all’altro dignità umana e politica. Senza leggere sempre e per forza nelle fisionomie e nelle azioni altrui il marchio del complotto ideologico o il rigurgito neonazista. Sarebbe bello, sano e repubblicano se a breve arrivassero altri episodi simili. E sarebbe anche tatticamente astuto. Un tempo si provava più spesso a far emergere delle contraddizioni nel campo avversario, soprattutto attraverso il dialogo. Oggi si bada più che altro a compattare e tonificare il proprio, con slogan identitari e pose da coach più che da leader. E questo nel lungo periodo è pericoloso e disgregante. Ma nel breve è innanzitutto molto noioso.

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