L ’Osservatore romano, quotidiano pontificio, esprime in modo compiuto il pensiero della Chiesa e del suo Pastore pro tempore. Va letto con attenzione e quando vi si scorge un retropensiero questo va interpretato. Faccio un esempio. Nell’edizione del 31 agosto scorso il titolo principale della prima pagina è un’istanza rivolta a tutti, fedeli e no: «Ascoltiamo il grido di una Terra malata». Il sommario specifica: «Papa Francesco rinnova l’appello a salvaguardare il pianeta promuovendo la giustizia climatica ed energetica». Ho cercato, ma invano, di cogliere il significato, teorico e pratico, di «giustizia climatica»: come se potessimo manipolare il clima a nostro piacimento e imporgli di essere giusto. Giusto per chi e in che modo? Stiamo diventando sempre più potenti, sfidiamo gli dèi e la natura, abbiamo raggiunto e superato traguardi, che non osavamo nemmeno sognare, utilizzando il visibile e l’invisibile, il reale e il virtuale, tutto ciò che la stessa Terra, nostra casa, ci ha messo a disposizione sfidandoci a scoprirlo e a farne buon uso. Certo, altro ancora la Terra ci nasconde e noi lo troveremo. Ma l’uomo non sarà mai un demiurgo. Il titolista dell’ “Osservatore” ha accostato imprudentemente due vocaboli: giustizia e climatica. Uno dei due, a scelta, è sbagliato. «Dietro l’uso di una parola sbagliata c’è un pensiero sbagliato» sentenziò Hegel.

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