L ’ascoliasmo era un gioco in voga nella Grecia e nella Roma antiche. Consisteva nello stare il più a lungo possibile in equilibrio su un otre gonfio di vino, i più bravi su un piede solo. Per rendere più difficile e comica l’impresa la ghirba veniva unta di olio. Anche nella severa antichità classica non mancavano i buontemponi. I più burloni, specialmente durante le feste campestri dionisiache, assistevano divertiti a quegli sfoggi di bravura. Grasse risate e crapula a volontà. Si organizzavano gare mettendo in palio il contenuto dell’otre. I moralisti latini, fustigatori di costumi, paragonarono molti politici della loro epoca a quei funamboli. Con ostentata irriverenza alcuni furono citati per nome; fra questi persino Cicerone quando, dopo la morte di Silla, entrò nell’agone politico. Li accusavano di stare sempre in bilico, tra il predicare bene e il razzolare male, abili nelle acrobazie dialettiche del dire e non dire. Dopo due millenni l’ascoliasmo, in senso figurato, è praticato ancora oggi ovunque nel mondo. Folte schiere di politici di ogni appartenenza partitica si cimentano in ludi verbali inconcludenti. Dietro le loro acrobazie dialettiche c’è un vuoto di idee: i loro sofismi acrobatici mascherano inettitudine e smania di potere. Niente di nuovo, quindi, sotto il sole. Oh, però, quanto è poco divertente oggi l’ascoliasmo.

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