I l fascino evocativo delle parole. Ieri dicevi Sputnik e ti veniva in mente la più grandiosa delle epopee umane: la conquista dello spazio; oggi dici Sputnik e ti viene in mente il Covid, mortifero e sovversivo. Questo vocabolo della lingua russa rimanda ai primi salti dell'uomo oltre l'atmosfera. É il nome dei satelliti artificiali che i sovietici, da precursori, misero in orbita intorno alla Terra. Il primo conteneva apparecchiature, il secondo una cagnetta di nome Laika. Poi toccò all'uomo. Tre giorni fa è ricorso il sessantesimo anniversario del volo di Jurij Gagarin, che a bordo della navicella Vostok 1 vide per primo la Terra dall'alto. Tornato tra gli umani disse che è una palla colorata d'azzurro (molti grilli terragni sostengono ancora che è piatta). L'infinito si spalancò davanti all'uomo e la sua smania di conquista aumentò. Ora con lo stesso nome è stato battezzato un vaccino, la cui missione è proiettarsi non nell'infinitamente grande ma nell'infinitamente piccolo. Sono i due universi che, specchiandosi uno nell'altro, hanno alimentato le menti speculative dei filosofi fin dall'antichità. Sputnik, evocando vita e morte insieme, traccia i confini delle ansie esistenziali dell'uomo e del suo pensiero. Come dire: dalla metafisica di Aristotele alla filosofia dello Sputnik.

TACITUS
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