S anta Lucia si è fatta in quattro: araba, nigeriana, bengalese, europea. Non più solo bianca, ma anche nera e un po’ musulmana. Così è comparsa nei manifesti affissi nel rione Borgata di Siracusa in occasione della sua festa, che si celebra il13 dicembre. Siracusa è la città di cui la martire cristiana del IV secolo è la patrona. Il manifesto multirazziale fa parte del progetto MetaBorgata, che si prefigge di combattere il degrado della città e la scarsa inclusione sociale. Ne è coordinatrice Viviana Caiazzo, che così difende la sua scelta: «La Borgata siamo noi, italiani bengalesi nigeriani magrebini, che viviamo e abitiamo in questo quartiere del quale vogliamo prenderci cura». Nobile intento. Ma per realizzarlo è necessario giocare con i santi e i sentimenti dei loro fedeli? Ormai da qualche decennio le feste cristiane e cattoliche scatenano le fantasie perverse di chi vuole strumentalizzare la fede, la devozione, il sacro. Come se non ci fosse altro mezzo per rivendicare diritti spesso solo presunti. Superare la soglia del sacro fa parte della follia di provocatori fanatici che vogliono riscrivere tradizioni, miti, leggende, favole. Eppure i dissacratori sono essi stessi portatori inconsapevoli di questi valori, che vogliono annientare per insensata ribellione. Sono l’indice del declino spirituale della nostra epoca.

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