M atteo Renzi è un folletto. Non dei boschi, ma dei palazzi della politica. Al pari dello spiritello delle tradizioni popolari, con tocchi di magia agisce ora a danno ora a vantaggio di qualcuno. Il folletto ama fare dispetti, alterna bugie a verità in funzione delle proprie mire. É astuto e sfuggente. È anche un po’ vendicativo: «Spiga dopo spiga ti ho arricchito, spiga dopo spiga ti rovinerò». Con destrezza politica Matteo scippò all’abatino Enrico Letta il campanello di capo del governo. Sembrò inadeguato al ruolo, ma la sua parlantina toscana incantò molti. Visse un periodo di gloria. Si ammalò di narcisismo e come Narciso affogò nell’acqua in cui stava specchiandosi: nella fattispecie un referendum. Nel Pd di vecchie volpi ex Pci si comportò da balenottero democristiano. Lottò per prevalere. Non vinse e non perse. Poi ne uscì. Fondò un nuovo partito. Privo del parafulmine protettivo del Pd, le saette dei magistrati politicizzati lo hanno fulminato. Accuse a pioggia, requisizioni a strascico. Contro il sequestro della sua posta elettronica, inviolabile essendo egli senatore, ha fatto ricorso. Respinto. Sentenza “creativa”, strilla il folletto, che ora sprona tutti ad andare a votare per i referendum sulla giustizia. Andiamoci. Perché la magistratura torni a essere un Ordine, non un Potere.

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